Il cambiamento ci accompagna lungo tutto l’arco della nostra vita spesso in modo riservato e quasi invisibile, a volte in modo evidente e forte, altre volte ancora allontanato da noi e pur sempre pronto a ripresentarsi. Il cambiamento è scegliere nuove vie che ci aprono a dei nuovi sviluppi, delle opportunità e delle innovazioni. Riguarda anche il passaggio ad un livello personale di maggiore consapevolezza, di visione diversa, di autonomia ed empowerment.
Cosa ci spinge a cambiare? Come dobbiamo cambiare? Già queste due semplici domande ci portano dinanzi alle sfide che porta il cambiamento, per saperlo riconoscere prima e attuarlo poi.
Cosa ci spinge a cambiare?
Riguardo alle motivazioni di fondo e collegando questo tema alle finalità di un percorso di Coaching, ci sono di grande aiuto le considerazioni che ci vengono dalla “Self Determination Theory” abbinate con il livello qualitativo degli obbiettivi di cambiamento, proposto dal Coach Luca Stanchieri.
Se colleghiamo il cambiamento ad una nostra visione del futuro e alle nostre esigenze di autorealizzazione, individuiamo tre aree di sviluppo che portano al ben-essere.
- Area della Relazionalità: bisogno di coltivare e sviluppare relazioni sociali, provando affettività positiva.
- Area della Competenza: bisogno di sviluppare conoscenze e abilità per sentirsi capaci di raggiungere i risultati.
- Area della Autonomia: bisogno di effettuare decisioni e scelte autodeterminate, sulla base delle proprie idee e delle proprie inclinazioni.
Se il cambiamento ha una finalità e lo sappiamo vedere come un percorso, allora lo possiamo collegare anche all’apprendimento. Per rendere il cambiamento un elemento sostanziale nelle nostre vite, possiamo esprimerlo come un obbiettivo personale, muovendoci verso l’autosviluppo in una o più delle tre suddette aree. Avremo allora tre modalità qualitative di definire l’obbiettivo.
Obiettivi minimi di cambiamento: riguardano un ambito circoscritto di una delle tre aree sopra citate, la relazionalità, la competenza e l’autonomia. Ad esempio un manager che deve affrontare un problema di comunicazione interna, oppure un colloquio di lavoro da sostenere.
Obiettivi transitori: incidono significativamente in uno dei tre ambiti dell’autogoverno. Si parla di cambiamenti che possono riguardare la gestione della perdita di un lavoro oppure il cambiamento di ruolo. Quale corso di laurea scegliere. Come affrontare la fine di una relazione importante, ecc.
Obiettivi massimi di cambiamento: riguardano due o più aree dell’autorealizzazione ed investono la persona nel suo complesso. C’è molta affinità con il concetto di cambiamento radicale, in quanto si tratta di passaggi fondamentali della nostra vita. Crisi profonde, fallimenti di progetti, svolte importanti quali, ad esempio, il passaggio da dipendente a libero professionista in un’altra città.
Come possiamo cambiare?
Il cambiamento è intorno a noi, anzi l’unica certezza che abbiamo nella vita è che tutto scorre e muta. Cambia l’ambiente intorno a noi, cambiano le stagioni, cambia il nostro corpo, cambiano le nostre percezioni ed i nostri bisogni.
La prima modalità è l’adattamento, la nostra risposta reattiva a ciò che muta intorno a noi e ci induce ad agire un comportamento. La seconda modalità riguarda la proattività, ovvero una risposta che cerca di anticipare il cambiamento, riducendo i possibili elementi negativi per noi ed aumentando i vantaggi dei comportamenti preventivi.
Certo, possiamo sempre provare indifferenza verso il cambiamento e sperare che non ci riguardi, che passi via come un fenomeno passeggero, un venticello di breve durata. Oppure proviamo a resistere al vento del cambiamento, opponendoci ad esso a favore della conservazione: si costruiscono dei muri anziché i mulini con le pale, si resta incapaci di cogliere ogni opportunità. Più ci si avvicina al nucleo delle convinzioni profonde delle persone e degli stati d’animo consolidati, più sarà vissuto negativamente e carico di minacce il tema del cambiamento.
La persona dalla mente poco impegnata teme sempre il cambiamento. Egli sente sicurezza nello status quo, e ha una paura quasi morbosa del nuovo. Per lui, la sofferenza più grande è la sofferenza per una nuova idea. (Marthin Luter King)
Infine anche la portata del cambiamento incide non poco nel nostro atteggiamento e nelle modalità che adotteremo. E’ un cambiamento incrementale? Ovvero viene costruito sul precedente? Non stravolge ma migliora progressivamente quello che facciamo e quindi le capacità che applichiamo?
E’ un cambiamento radicale, ovvero porta delle discontinuità? Si prova allora a ”riconsiderare“ la situazione mettendo in discussione il nostro corso di azioni. Si riflette su quali sono i valori e gli scopi dietro le azioni, si cambia il modello di riferimento, si scoprono nuove abilità e si aprono nuove relazioni.
Il cambiamento è davvero il nostro compagno di viaggio, dobbiamo renderlo un nostro alleato, definendo la visione del futuro e gli obbiettivi significativi per noi, al fine di cogliere tutte le opportunità per la nostra vita. Per chiudere con le parole di Henri Bergson: “esistere è cambiare, cambiare è maturare, maturare è continuare a creare se stessi senza fine”.
This work is licensed under a Creative Commons Attribution-NonCommercial-ShareAlike 3.0 Italy License.